Pannelli fotovoltaici e pale eoliche realizzati in cartone e posti davanti a Castel dell’Ovo sede del Segretariato Regionale del Ministero della cultura, a Napoli, in segno di protesta. Stamattina Legambiente, Uds, Udu, Link, Friday For Future, Cgil, Fiom, Arci Campania, WWF e Greenpeace hanno manifestato sotto lo striscione “Scatena le rinnovabili”, per ribadire al Governo Meloni l’urgenza di accelerare lo sviluppo delle rinnovabili, delle comunità energetiche e la realizzazione di nuovi impianti, sotto scacco di ritardi burocratici e ostacoli normativi. A pesare prima di tutto è la lentezza degli iter autorizzativi e le lungaggini burocratiche di Enti e Soprintendenze ai beni culturali, i due principali colli di bottiglia dei processi autorizzativi.
In Campania nel 2022 sono presenti 3.406 MW di potenza installata da fonti rinnovabili con oltre 49 mila impianti presenti nel territorio regionale, ma rispetto all’anno precedente sono stati installati appena 160 MW di nuova potenza rinnovabile elettrica, di cui il 54% è caratterizzato da fotovoltaico, seguito poi dall’eolico con il 44%. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili al 2021 è di 6.326 GWh, pari al 52% del totale dell’energia elettrica prodotta sul territorio regionale.
Uno stallo impiantistico che di certo non dipende dalla burocrazia campana, che negli ultimi anni in questa materia sembrerebbe invece correre veloce grazie anche alla capacità di mediazione con enti e imprese per migliorare i progetti e renderli compatibili con il territorio. Un approccio vincente che, per essere ancora più efficace, necessita di risorse umane per potenziare uffici regionali e locali dedicati e commissioni.
Numeri che stentano a decollare non solo a causa dei ritardi ma anche dei numerosi pareri negativi delle Soprintendenze. Sono innumerevoli i pareri negativi che si sono accumulati negli anni. Solo per citarne alcuni fortunatamente in parte superati, c’è l’impianto di compostaggio di Napoli Est, con parere negativo per “gli impatti negativi irreversibili per consumo di suolo e per frammentazione del corridoio ambientale-paesaggistico del sistema di canali del fiume Sebeto”, fiume che oggi non esiste più. Un impianto fotovoltaico a Scampitella (AV), con parere negativo perché, tra varie altre motivazioni, risulta visibile dall’autostrada A16. Ancora, un impianto fotovoltaico a Sant’Agata dei Goti (BN) in un’ex cava, sempre accolto da parere negativo.
Questa, in estrema sintesi, la fotografia per denunciare il blocco delle fonti rinnovabili, sotto scacco delle norme obsolete e frammentate, della lentezza degli iter autorizzativi e delle lungaggini burocratiche di enti diversi e di alcune Soprintendenze ai beni culturali. P
L’Italia deve mettere al centro della sua strategia energetica le fonti pulite, e non i combustibili fossili, con progetti ben integrati nei territori e pensati per portare benefici diretti e indiretti, accompagnati da importanti investimenti su efficienza, reti, accumuli. Questa può essere la grande occasione anche per rilanciare le politiche industriali e occupazionali nel Mezzogiorno e la Campania può essere la Regione traino.
Per far ciò, occorre in primis dire basta ai tanti blocchi e ritardi causati da burocrazia, ostacoli normativi, i troppi no immotivati degli enti, delle sovrintendenze, le opposizioni dei comitati Nimby e Nimto che frenano le rinnovabili. Bisogna accelerare gli iter autorizzativi, rinnovare l’impianto normativo ad oggi obsoleto aggiornando le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, rimaste ferme al 2010, favorendo al tempo stesso la partecipazione dei cittadini; si approvi il decreto sulle aree idonee e si rendano i territori protagonisti della transizione e dei cambiamenti da affrontare.
“L’unica strada per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e di sicurezza energetica – dichiarano le associazioni e movimenti ecologisti e studenteschi, i sindacati scesi in piazza – è quella di investire nelle fonti rinnovabili, su grande e piccola scala, seguendo anche le vocazioni territoriali.Per fare questo non serve solo rimettere mano alla normativa nazionale, obsoleta rispetto agli obiettivi che abbiamo di fronte, ma anche dare strumenti a Regioni ed Enti locali. Sono necessarie politiche energetiche e industriali, investimenti sulla formazione verso i green jobs, ricerca e sviluppo tecnologico per la transizione energetica e lo sviluppo delle produzioni strategiche per la decarbonizzazione nel nostro paese. Ma anche piani, risorse e misure di giusta transizione, guidati da un confronto democratico e partecipato e dalla contrattazione con le organizzazioni sindacali. Senza dimenticare il grande ruolo che le fonti rinnovabili giocano e possono giocare nel portare pace nel Mondo”.